Le società cooperative sono caratterizzate da una particolare configurazione civilistica, incardinata nelle norme generali del codice, e da un regime di agevolazioni fiscali che si applica in presenza del requisito della “mutualità prevalente” (art. 2512, c.c.).
La distinzione tra società cooperative a mutualità prevalente e non trova fondamento nella legge delega per la riforma societaria (art. 5, legge 3.10.2001, n. 366), ove era stata prevista la necessità di distinguere fra cooperazione costituzionalmente riconosciuta, e quindi meritevole del trattamento di favore (perché in possesso dei requisiti richiamati dall’art. 14 del D.P.R. 29.9.1973, n. 601), e cooperazione “diversa”, di fatto assimilata al mondo delle società lucrative.
Si rammenta che le norme generali in materia di società cooperative sono contenute negli artt. da 2511 a 2545-octiesdecies, c.c.; in particolare, le cooperative a mutualità prevalente (destinatarie delle agevolazioni fiscali) sono previste dall’art. 2512 c.c.
Secondo l’art. art. 111–septies, disp. att. c.c., sono considerate “a mutualità prevalente” anche le cooperative sociali che rispettino le previsioni della legge 8.11.1991, n. 381. Inoltre, sono considerate mutualistiche le banche di credito cooperativo, se rispettano le norme delle leggi speciali (art. 223–terdecies, disp. att. c.c.).
Il trattamento fiscale agevolato per la cooperazione è incardinato negli artt. 10-14 del D.P.R. 29.9.1973, n. 601.
La legge di bilancio 2018 (legge 27.12.2017, n. 205) ha apportato alcune importanti novità in materia di cooperative (art. 1, commi 238-242), relative in particolare ai seguenti aspetti:
- divieto per le cooperative di utilizzare prestiti dei soci in sostituzione dei finanziamenti bancari;
- obbligo di utilizzo delle somme raccolte in operazioni strettamente funzionali all’oggetto sociale;
- limite del triplo del capitale sociale per ogni cooperativa, che non può essere superato per i prestiti richiesti ai soci;
- non applicazione alle somme versate dai soci a titolo di prestito sociale dell’art. 2467 c.c., in materia di finanziamenti dei soci nelle s.r.l.
Il prestito sociale in generale
Il prestito sociale è una possibilità offerta alle società cooperative e ai loro consorzi, che consente a tali soggetti di farsi finanziare dai propri soci cooperatori persone fisiche, residenti nel territorio dello Stato ed iscritti nel libro soci da almeno tre mesi. La normativa di riferimento è costituita dall’art. 12 della legge 17.2.1971, n. 127, e dall’art. 13 del D.P.R. 29.9.1973, n. 601.
Detti prestiti possono avere un importo massimo, per ciascun socio sottoscrittore, di 72.180 euro per le cooperative agricole, per quelle di produzione e lavoro e per quelle edilizie di abitazione e di 36.090 Euro per tutte le altre cooperative (l’importo, a suo tempo fissato dal D.P.R. n. 601/1973, viene aggiornato ogni tre anni con decreto del Ministro del Lavoro in base all’indice Istat dei prezzi al consumo).
Le somme versate dai soci per i prestiti sociali sono rimborsabili in qualsiasi momento, devono servire esclusivamente per il conseguimento dell’oggetto sociale della cooperativa e la loro remunerazione massima è pari a quella più elevata dei buoni postali fruttiferi aumentata del 2,50% (che è anche la misura massima dei dividendi distribuibili dalle società cooperative a mutualità prevalente: cfr. art. 2514, comma 1, lett. a), cc).
Allo stato, il rendimento massimo dei buoni postali fruttiferi è al 2,50%; pertanto, il tasso massimo di interesse che può essere riconosciuto dalle cooperative ai propri soci sul finanziamento da questi effettuato (prestito sociale), nonché la misura massima di remunerazione del capitale sociale (dividendo distribuibile), è pari al 5,00% lordo (ovvero: tasso massimo dei Buoni Postali Fruttiferi aumentato di 2,5 punti = 2,50% + 2,5 punti = 5,00%).
Questi interessi sono indeducibili in capo alla cooperativa per la parte che eccede il tasso minimo degli interessi spettanti ai detentori dei buoni postali fruttiferi, aumentata dello 0,9%. Il tasso minimo è fissato allo 0,05%: la soglia di indeducibilità riguarda quindi la parte che eccede il tasso dello 0,95%.
Ai sensi dell’art. 1° della delibera CICR (Comitato Interministeriale Credito e Risparmio del 3.3.1994), l’ammontare complessivo del risparmio raccolto dalla cooperativa non può superare il limite del triplo del patrimonio (cioè del patrimonio netto dato da: capitale sociale + riserve + utili, ai sensi dell’art 2424 c.c.) risultante dall’ultimo bilancio approvato. Questo limite è ora fissato, come si è visto, dall’art, 1, comma 240, della legge di bilancio 2018. Va però precisato che secondo le regole previgenti (CICR), ancora operanti in via di “regime transitorio”, il limite può passare dal triplo al quintuplo del patrimonio qualora il complesso dei prestiti sociali sia assistito, almeno per il 30% del suo valore, da una garanzia rilasciata da banche, assicurazioni o società finanziarie, o quando la cooperativa aderisca ad uno schema di garanzia dei prestiti sociali che fornisca una adeguata tutela agli investitori. Tali limiti patrimoniali non si applicano comunque, secondo la delibera CICR, alle cooperative con più di 50 soci.
Le modalità di raccolta dei prestiti presso i soci debbono essere chiaramente indicate in un apposito regolamento. I prestiti sociali non sono permessi alle cooperative di credito, cioè alle banche popolari ed a quelle di credito cooperativo.
Gli interessi percepiti dai soci sul prestito sociale sono soggetti solo a una ritenuta a titolo di imposta del 26% (misura così incrementata dall’articolo 3 del D.L. 24.4.2014, n. 66, convertito con modificazioni della legge 23.6.2014, n. 143).
Il prestito sociale può essere utilizzato solamente dalle cooperative a mutualità prevalente, o da quelle a mutualità non prevalente i cui statuti prevedano però i requisiti mutualistici stabiliti dall’art. 26 del D.Lgs. Cps 14.12.1947, n. 1577, cioè:
- il divieto di distribuzione di dividendi superiori all’interesse legale ragguagliato al capitale effettivamente versato;
- il divieto di distribuzione delle riserve fra i soci durante la vita della società;
- la destinazione, in caso di scioglimento della società, del patrimonio residuo (dedotti soltanto il capitale versato ed i dividendi eventualmente maturati) ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione costituiti ai sensi degli artt. 11 e 12 della Legge n. 59 del 1992.
Il prestito sociale è, giuridicamente, un contratto atipico con elementi del conto corrente, del mutuo e del deposito irregolare: esso consiste in un deposito di denaro di fatto molto spesso “a vista” (cioè che può essere ritirato da parte del depositante in qualsiasi momento senza preavviso o con un preavviso di 24 ore), in cui i depositi ed i prelievi di denaro avvengono senza particolari procedure presso la sede legale ed anche presso le sedi operative della cooperativa (per esempio, i punti vendita di una cooperativa di consumo o le sedi operative di una cooperativa di tipo diverso).
Le nuove disposizioni
Le novità introdotte sono le seguenti:
- le società cooperative che ricorrono al prestito sociale sono tenute a impiegare le somme raccolte in operazioni strettamente funzionali al perseguimento dell’oggetto o scopo sociale (comma 238);
- l’art. 2467 del codice civile (per cui “il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori”) non si applica alle somme versate dai soci alle cooperative a titolo di prestito sociale (comma 239).
Inoltre, il comma 240 prevede che il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR) definisca i limiti alla raccolta dei prestiti sociali delle cooperative, in base ai seguenti criteri:
- previsione che l’ammontare complessivo del prestito sociale non possa eccedere, a regime, il triplo del patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio di esercizio approvato, con un regime transitorio che consenta il graduale adeguamento;
- previsione, nel caso in cui l’indebitamento nei confronti dei soci ecceda i 300.000 euro e risulti superiore all’ammontare del patrimonio netto della cooperativa, la copertura del complesso dei prestiti sociali fino al 30% con garanzie reali o personali rilasciate da soggetti vigilati, o con la costituzione di un patrimonio separato, oppure mediante adesione della cooperativa a uno schema di garanzia dei prestiti sociali;
- definizione di maggiori obblighi di informazione e pubblicità per le cooperative che ricorrono al prestito sociale in misura eccedente i predetti limiti;
- definizione di modelli organizzativi e procedure per la gestione del rischio per i casi in cui il ricorso all’indebitamento verso i soci a titolo di prestito sociale assuma significativo rilievo in valore assoluto o comunque ecceda il limite del doppio del patrimonio netto.
Adeguate forme e modalità di controllo dovranno essere definite con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro sessanta giorni dall’adozione della delibera del CICR (comma 241).
Il comma 242 ha integrato l’art. 4, comma 1, del D.Lgs. 2.8.2002, n. 220 (Norme in materia di riordino della vigilanza sugli enti cooperativi), aggiungendo una nuova lettera b-bis) che pone a carico della “revisione cooperativa” periodica (da effettuarsi almeno ogni due anni, salva l’applicazione di leggi speciali che prevedano una cadenza annuale) anche l’accertamento dell’osservanza delle disposizioni in materia di prestito sociale.
Infine, secondo il comma 243, il comitato di cui all’art. 4, comma 4, del regolamento di cui al D.P.R. 14.5.2007, n. 78 (costituito dalla Commissione Centrale per le Cooperative per lo svolgimento dei vari compiti assegnatile, a fini istruttori o decisori), è integrato da un rappresentante della Banca d’Italia con riferimento ai temi concernenti il prestito sociale nelle cooperative.
Le disposizioni già abbastanza vincolanti in vigore in materia di prestito sociale verranno inasprite con la nuova delibera CICR prevista, costringendo le cooperative alla modifica del regolamento interno e, se necessario, alla riduzione dell’ammontare del prestito raccolto. Come si è visto, infatti, verranno introdotte con decreto del MISE forme e modalità di controllo e monitoraggio relativamente all’adeguamento ed al rispetto delle prescrizioni in materia di prestito sociale da parte delle cooperative che abbiano complessivamente un prestito sociale superiore a 300.000 euro e superiore al proprio patrimonio netto.
I “tratti” fiscali delle coop
Le cooperative sono caratterizzate da una particolare configurazione civilistica, incardinata nelle norme generali del codice, e da un regime di agevolazioni fiscali che si applica in presenza del requisito della mutualità prevalente (art. 2512 c.c.).
La distinzione tra società cooperative a mutualità prevalente e non trova fondamento nella legge delega per la riforma societaria (art. 5, legge 3.10.2001, n. 366), ove era stata prevista la necessità di distinguere fra cooperazione costituzionalmente riconosciuta, e quindi meritevole del trattamento di favore (perché in possesso dei requisiti richiamati dall’art. 14 del D.P.R. 29.9.1973, n. 601), e cooperazione “diversa”, di fatto assimilata al mondo delle società lucrative.
Il requisito della prevalenza mutualistica è ritenuto presente quando gli amministratori e i sindaci documentano nella nota integrativa che (art. 2513 c.c.):
- i ricavi delle vendite dei beni e delle partecipazioni di servizi verso i soci superano il 50% del totale dei ricavi delle vendite e delle partecipazioni, secondo lo schema di conto economico di cui all’art. 2425 [primo comma, punto A1), del c.c.];
- il costo del lavoro dei soci è superiore al 50% del totale del costo del lavoro di cui all’art. 2425, comma 1, punto B9, del c.c.;
- il costo della produzione per servizi ricevuti dai soci, ovvero per beni conferiti dai soci è rispettivamente superiore al 50% del totale dei costi dei servizi di cui all’art. 2425, primo comma, punto B7, ovvero al costo delle merci o materie prime acquistate, o conferite, di cui all’art. 2425, primo comma, punto B6), del c.c.
In base all’art. 2513, comma 2, del codice, quando si realizzano contestualmente più tipi di scambio mutualistico, la condizione di prevalenza è documentata facendo riferimento alla media ponderata delle percentuali sopra indicate.
Per le cooperative agricole, la condizione di prevalenza sussiste quando la quantità o il valore dei prodotti conferiti dai soci supera il 50% della quantità o del valore totale dei prodotti (art. 2513 ultimo comma c.c.).
Le cooperative a mutualità prevalente devono infine prevedere nei propri statuti (art. 2514 c.c.):
- il divieto di distribuire i dividendi in misura superiore all’interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato;
- il divieto di remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci cooperatori in misura superiore a due punti rispetto al limite massimo previsto per i dividendi;
- il divieto di distribuire riserve fra i soci cooperatori;
- l’obbligo di devoluzione, in caso di scioglimento della società, dell’intero patrimonio sociale, dedotto soltanto il capitale sociale e i dividendi eventualmente maturati, ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione.
Le agevolazioni previste
Per le cooperative a mutualità prevalente, il reddito imponibile viene determinato secondo le regole vigenti per le società di capitali e per gli enti commerciali, applicando però alcune agevolazioni (le percentuali sono riferite alla situazione anteriore rispetto alle modificazioni del 2011, più avanti illustrate).
L’art. 12 della legge 16.12.1977, n. 904, stabilisce che non concorrono a formare il reddito imponibile delle società cooperative e dei loro consorzi le somme destinate alle riserve indivisibili, a condizione che sia esclusa la possibilità di distribuirle tra i soci sotto qualsiasi forma, sia durante la vita dell’ente che all’atto del suo scioglimento.
Il comma 460 dell’art. 1 della legge 30.12.2004, n. 311, ha previsto che, in generale, tale previsione non si applica alle società cooperative e loro consorzi a mutualità prevalente:
- per la quota del 20% degli utili netti annuali delle cooperative agricole e dei loro consorzi, nonché delle cooperative della piccola pesca e dei loro consorzi;
- per la quota del 40% degli utili netti annuali delle altre cooperative e dei loro consorzi;
- per la quota del 65% degli utili netti annuali delle società cooperative di consumo e dei loro consorzi.
Le percentuali, così elevate dal D.L. 13.8.2011, n. 138, convertito dalla L. 14.9.2011, n. 148, partecipavano quindi alla formazione della base imponibile delle cooperative.
Sempre a opera del D.L. n. 138/2011, è stata prevista una percentuale di tassazione pari al 10% della quota di utili netti annuali destinati a riserva minima obbligatoria (la quota da destinare a riserva minima obbligatoria è pari al 30% dell’utile netto della cooperativa → pertanto, la tassazione su tali utili è pari al 3%).
Per quanto riguarda le perdite fiscali, secondo la testuale formulazione dell’art. 83 del TUIR, “in caso di attività che fruiscono di regimi di parziale o totale detassazione del reddito, le relative perdite fiscali assumono rilevanza nella stessa misura in cui assumerebbero rilevanza i risultati positivi”.
Con specifico riferimento alle cooperative, la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 129/E del 13.12.2010 ha confermato che la limitazione si rende applicabile anche ai soggetti che beneficiano di un’esenzione da tassazione del reddito imponibile, calcolata applicando una percentuale prestabilita di esenzione.
Ciò significa che la limitazione all’utilizzo delle perdite di cui all’art. 83, primo comma, del TUIR, che vincola l’importo rilevante delle perdite alla misura in cui concorrono al reddito i risultati positivi del soggetto, opera per le cooperative genericamente intese, mentre non opera alcune tipologie di cooperative, il cui regime di esenzione IRES non è calcolato mediante percentuali prestabilite (cooperative agricole e della piccola pesca; alcune cooperative di produzione e lavoro).
Le false cooperative
L’art. 1, comma 936, della legge di bilancio, completa le novità normative intervenute in tema di cooperative prevedendo sanzioni particolarmente gravi per le cooperative che si sottraggano alla vigilanza o che non rispettino le finalità mutualistiche (cancellazione dall’albo delle cooperative, scioglimento e devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici).
Sono previste sanzioni anche nel caso di mancata ottemperanza alla diffida operata dai revisori, ovvero degli adempimenti previsti in caso di perdita della qualifica di cooperativa a mutualità prevalente.
È previsto che lo scioglimento di una cooperativa debba essere sempre comunicato all’Agenzia delle Entrate allo scopo di contrastare il fenomeno delle cooperative che nascono e si estinguono in tempi rapidi per evitare controlli ed eludere gli obblighi di legge (analogamente a quanto a suo tempo previsto per le imprese “apri e chiudi”: cfr. art. 23, D.L. 31.5.2010, n. 78, convertito dalla legge 30.7.2010, n. 122).
È altresì riformata la sanzione della gestione commissariale, introducendo tra l’altro la figura del commissario ad acta per le irregolarità minori, e vengono modificate le norme civilistiche allo scopo di eliminare le figure dell’amministratore unico e degli amministratori senza scadenza di mandato.
24 gennaio 2018
Fabio Carrirolo